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Socrate avrebbe spaccato a Call of Duty: il valore della catarsi ludica


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Questa discussione ha avuto 41 risposte

#31
Mrskellington

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molto interessante, quindi è scientificamente provato che se gioco ad un gioco competitivo e mi sembra di scaricare lo stress, in realtà potrebbe avere un effetto contrario dopo alcune ore?
A me capita di stressarmi giocando se prendo troppe mazzate perché gioco male o per via dei classici problemi di connessione.
In quel caso sono sicuro che anche se non ero incavolato, lo divento :D
Però se vinco, mi sento davvero più tranquillo se ho giocato bene contro gente forte.
Un mio compagno di clan dice sempre ?troppo stress facciamoci una partita'

Come ho risposto sopra sto parlando specificamente della catarsi, che è un meccanismo specifico e complesso, quella di cui parli tu è semplice soddisfazione, che naturalmente è ben possibile. Diverso sarebbe il caso se giocassi per scaricare il nervosismo che hai a lavoro, in quel caso si avresti una soddisfazione immediata ma probabilmente non miglioreresti la tua giornata

#32
Alessandro_Bruni

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Ma infatti nel pezzo preciso che la condizione necessaria è che la frustrazione non diventi l'elemento predominante. Credo che ci sia un fraintendimento di base: non parlo di catarsi intesa come elaborazione psicanalitica di uno stato di sofferenza ma, come specificato, di un diversivo valido nell'immediato, più legato ai piccoli problemi del quotidiano che ai grandi disturbi. "Invece di trasferire e metabolizzare le proprie passioni negative in un contesto "controllato", il gioco può aiutare ad allontanare i problemi semplicemente spegnendo, anche solo per qualche ora, quella parte del cervello che si ostina a bombardarci di paturnie".

Guarda sono convinto anch'io che ci sia un fraintendimento, è che semplicemente quello di cui parli non è catarsi, non solo in senso psicoanalitico, ma nemmeno aristotelico o di senso comune. La catarsi implica lo scaricare un'emozione tramite un mezzo indiretto, che l'emozione sia grande o piccola, quella di cui parli tu è piuttosto evasione, il pensare a qualcos'altro, e allora il discorso fila

Senti Mrskellington, con tutto il rispetto per la tua cultura e la tua professione di psicologo, ti stai incaponendo nel voler attribuire un'interpretazione univoca a uno dei termini più oscuri e variamente interpretati della filosofia. Vuoi dire che ho ristretto all'essenziale, senza approfondirne le dinamiche specifiche, la catarsi aristotelica? Assolutamente vero, non si tratta di un saggio di filosofia classica.Quello che ho fatto è ripercorrere brevemente (e con una nota risibile) le diverse interpretazioni di un termine che, lo ripeto, è sempre stato semanticamente ambiguo, per poi attribuirgli un nuovo significato postmoderno. Trovo ragionevole che sia un percorso per te ampiamente opinabile (perché di fatto lo è, intrinsecamente), ma è un po' come negare a priori la possibilità che esistano mutamenti linguistici legittimi, determinati da un contesto validante. Sono sicuro che un pitagorista avrebbe riso della definizione di "catarsi" data da Aristotele, ma entrambe sono figlie del loro tempo. Il fraintendimento è nel fatto che tu definisci come sbagliata e fuorviante la mia definizione di catarsi, mentre io non sono affatto convinto che ce ne sia mai stata una "giusta".

Modificata da Alessandro Krieg Bruni, 22 October 2018 - 08:01 PM.


#33
GfxManEye

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Come ho risposto sopra sto parlando specificamente della catarsi, che è un meccanismo specifico e complesso, quella di cui parli tu è semplice soddisfazione, che naturalmente è ben possibile. Diverso sarebbe il caso se giocassi per scaricare il nervosismo che hai a lavoro, in quel caso si avresti una soddisfazione immediata ma probabilmente non miglioreresti la tua giornata

si ma io a volte gioco con quello scopo, mi pare che a volte funziona a volte no :D

#34
Mrskellington

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Ma infatti nel pezzo preciso che la condizione necessaria è che la frustrazione non diventi l'elemento predominante. Credo che ci sia un fraintendimento di base: non parlo di catarsi intesa come elaborazione psicanalitica di uno stato di sofferenza ma, come specificato, di un diversivo valido nell'immediato, più legato ai piccoli problemi del quotidiano che ai grandi disturbi. "Invece di trasferire e metabolizzare le proprie passioni negative in un contesto "controllato", il gioco può aiutare ad allontanare i problemi semplicemente spegnendo, anche solo per qualche ora, quella parte del cervello che si ostina a bombardarci di paturnie".

Guarda sono convinto anch'io che ci sia un fraintendimento, è che semplicemente quello di cui parli non è catarsi, non solo in senso psicoanalitico, ma nemmeno aristotelico o di senso comune. La catarsi implica lo scaricare un'emozione tramite un mezzo indiretto, che l'emozione sia grande o piccola, quella di cui parli tu è piuttosto evasione, il pensare a qualcos'altro, e allora il discorso fila

Senti Mrskellington, con tutto il rispetto per la tua cultura e la tua professione di psicologo, ti stai incaponendo nel voler attribuire un'interpretazione univoca a uno dei termini più oscuri e variamente interpretati della filosofia. Vuoi dire che ho ristretto all'essenziale, senza approfondirne le dinamiche specifiche, la catarsi aristotelica? Assolutamente vero, non si tratta di un saggio di filosofia classica.Quello che ho fatto è ripercorrere brevemente (e con una nota risibile) le diverse interpretazioni di un termine che, lo ripeto, è sempre stato semanticamente ambiguo, per poi attribuirgli un nuovo significato postmoderno. Trovo ragionevole che sia un percorso per te ampiamente opinabile (perché di fatto lo è, intrinsecamente), ma è un po' come negare a priori la possibilità che esistano mutamenti linguistici legittimi, determinati da un contesto validante. Sono sicuro che un pitagorista avrebbe riso della definizione di "catarsi" data da Aristotele, ma entrambe sono figlie del loro tempo. Il fraintendimento è nel fatto che tu definisci come sbagliata e fuorviante la mia definizione di catarsi, mentre io non sono affatto convinto che ce ne sia mai stata una "giusta".

Ah vabe mi stai dicendo che catarsi è quello che tu dici essere catarsi, a me sembrava che avessi solo fatto confusione concettuale tra fenomeni diversi (in un articolo che per il resto è interessante), che ti devo dire, sarò troppo poco postmoderno

Modificata da Mrskellington, 22 October 2018 - 10:23 PM.


#35
Mrskellington

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si ma io a volte gioco con quello scopo, mi pare che a volte funziona a volte no :D

Eh bisognerebbe vedere quali altri fattori entrano in gioco, poi sto semplificando un po', la catarsi ha un suo valore in realtà se si accompagna a un'elaborazione cognitiva, per dire anche a me capita di giocare se sono incavolato e di calmarmi, ma è perché nel frattempo rifletto su quel che è successo, non per l'attività in sé. Infatti quando gioco e sono agitato nn riesco mai a concentrarmi sul gioco, a volte faccio fatica a ricordare cosa ho fatto perché vado in automatico e la testa è altrove

Modificata da Mrskellington, 22 October 2018 - 10:22 PM.


#36
MaryEn

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Allora ecco cosa combina il nostro buon Bruni la notte, invece di dormire: rimugina, pensa e si fa cuocere il cervello per tirar fuori ogni volta un articolo molto saporito e gustoso. Questa volta hai anche iniziato parlando di uno dei filosofi che più apprezzo, Socrate.
Io so di non sapere, diceva, presentandosi come un uomo umile sempre pronto a imparare cose nuove; questa volta hai permesso tu a noi di approfondire e scoprire nuovi aspetti del videogioco.


#37
Alessandro_Bruni

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Ma infatti nel pezzo preciso che la condizione necessaria è che la frustrazione non diventi l'elemento predominante. Credo che ci sia un fraintendimento di base: non parlo di catarsi intesa come elaborazione psicanalitica di uno stato di sofferenza ma, come specificato, di un diversivo valido nell'immediato, più legato ai piccoli problemi del quotidiano che ai grandi disturbi. "Invece di trasferire e metabolizzare le proprie passioni negative in un contesto "controllato", il gioco può aiutare ad allontanare i problemi semplicemente spegnendo, anche solo per qualche ora, quella parte del cervello che si ostina a bombardarci di paturnie".

Guarda sono convinto anch'io che ci sia un fraintendimento, è che semplicemente quello di cui parli non è catarsi, non solo in senso psicoanalitico, ma nemmeno aristotelico o di senso comune. La catarsi implica lo scaricare un'emozione tramite un mezzo indiretto, che l'emozione sia grande o piccola, quella di cui parli tu è piuttosto evasione, il pensare a qualcos'altro, e allora il discorso fila

Senti Mrskellington, con tutto il rispetto per la tua cultura e la tua professione di psicologo, ti stai incaponendo nel voler attribuire un'interpretazione univoca a uno dei termini più oscuri e variamente interpretati della filosofia. Vuoi dire che ho ristretto all'essenziale, senza approfondirne le dinamiche specifiche, la catarsi aristotelica? Assolutamente vero, non si tratta di un saggio di filosofia classica.Quello che ho fatto è ripercorrere brevemente (e con una nota risibile) le diverse interpretazioni di un termine che, lo ripeto, è sempre stato semanticamente ambiguo, per poi attribuirgli un nuovo significato postmoderno. Trovo ragionevole che sia un percorso per te ampiamente opinabile (perché di fatto lo è, intrinsecamente), ma è un po' come negare a priori la possibilità che esistano mutamenti linguistici legittimi, determinati da un contesto validante. Sono sicuro che un pitagorista avrebbe riso della definizione di "catarsi" data da Aristotele, ma entrambe sono figlie del loro tempo. Il fraintendimento è nel fatto che tu definisci come sbagliata e fuorviante la mia definizione di catarsi, mentre io non sono affatto convinto che ce ne sia mai stata una "giusta".

Ah vabe mi stai dicendo che catarsi è quello che tu dici essere catarsi, a me sembrava che avessi solo fatto confusione concettuale tra fenomeni diversi (in un articolo che per il resto è interessante), che ti devo dire, sarò troppo poco postmoderno

Ti sto dicendo che non c'è una definizione univoca, che è sempre stata figlia di tempo e contesto, e che ho provato a legarne una all'attività videoludica e alla postmodernità dell'intrattenimento. Ripeto, è come se dicessi che la catarsi psicanalitica non offre una definizione corretta perché manca dei rituali sacrificali associati all'interpretazione originaria. Ti stai facendo giudice di un'interpretazione che non ho proposto come assoluta, ma solo circostanziale, e intestardendo sulla strada di un'ortodossia che, peraltro, non appartiene alla storia e all'evoluzione del termine di cui stiamo parlando.

#38
Mrskellington

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Ma infatti nel pezzo preciso che la condizione necessaria è che la frustrazione non diventi l'elemento predominante. Credo che ci sia un fraintendimento di base: non parlo di catarsi intesa come elaborazione psicanalitica di uno stato di sofferenza ma, come specificato, di un diversivo valido nell'immediato, più legato ai piccoli problemi del quotidiano che ai grandi disturbi. "Invece di trasferire e metabolizzare le proprie passioni negative in un contesto "controllato", il gioco può aiutare ad allontanare i problemi semplicemente spegnendo, anche solo per qualche ora, quella parte del cervello che si ostina a bombardarci di paturnie".

Guarda sono convinto anch'io che ci sia un fraintendimento, è che semplicemente quello di cui parli non è catarsi, non solo in senso psicoanalitico, ma nemmeno aristotelico o di senso comune. La catarsi implica lo scaricare un'emozione tramite un mezzo indiretto, che l'emozione sia grande o piccola, quella di cui parli tu è piuttosto evasione, il pensare a qualcos'altro, e allora il discorso fila

Senti Mrskellington, con tutto il rispetto per la tua cultura e la tua professione di psicologo, ti stai incaponendo nel voler attribuire un'interpretazione univoca a uno dei termini più oscuri e variamente interpretati della filosofia. Vuoi dire che ho ristretto all'essenziale, senza approfondirne le dinamiche specifiche, la catarsi aristotelica? Assolutamente vero, non si tratta di un saggio di filosofia classica.Quello che ho fatto è ripercorrere brevemente (e con una nota risibile) le diverse interpretazioni di un termine che, lo ripeto, è sempre stato semanticamente ambiguo, per poi attribuirgli un nuovo significato postmoderno. Trovo ragionevole che sia un percorso per te ampiamente opinabile (perché di fatto lo è, intrinsecamente), ma è un po' come negare a priori la possibilità che esistano mutamenti linguistici legittimi, determinati da un contesto validante. Sono sicuro che un pitagorista avrebbe riso della definizione di "catarsi" data da Aristotele, ma entrambe sono figlie del loro tempo. Il fraintendimento è nel fatto che tu definisci come sbagliata e fuorviante la mia definizione di catarsi, mentre io non sono affatto convinto che ce ne sia mai stata una "giusta".

Ah vabe mi stai dicendo che catarsi è quello che tu dici essere catarsi, a me sembrava che avessi solo fatto confusione concettuale tra fenomeni diversi (in un articolo che per il resto è interessante), che ti devo dire, sarò troppo poco postmoderno

Ti sto dicendo che non c'è una definizione univoca, che è sempre stata figlia di tempo e contesto, e che ho provato a legarne una all'attività videoludica e alla postmodernità dell'intrattenimento. Ripeto, è come se dicessi che la catarsi psicanalitica non offre una definizione corretta perché manca dei rituali sacrificali associati all'interpretazione originaria. Ti stai facendo giudice di un'interpretazione che non ho proposto come assoluta, ma solo circostanziale, e intestardendo sulla strada di un'ortodossia che, peraltro, non appartiene alla storia e all'evoluzione del termine di cui stiamo parlando.

Ho capito, ma quella che descrivi per me semplicemente non è catarsi, non perché difenda chissà quale ortodossia, che appunto è inesistente visto che già Freud e Aristotele parlavano di cose imparagonabili, ma perché esistono altri termini più adatti per definire il fenomeno di cui parli. Poi sinceramente nn mi sembra affatto di essermi intestardito sulle definizioni, mi sono rifatto a frasi ed esempi che hai scritto tu riguardo alla valvola di sfogo e al ridirezionamento dell'astio, che corrispondono precisamente all'uso che si fa della parola "catarsi" in psicologia oggi. Chiamiamola come vuoi, quello che volevo sottolineare era semplicemente che questa convinzione diffusa per cui sfogarsi con qualcosa di diverso dall'oggetto della propria aggressività porta a stare meglio è in realtà infondata. Non volevo fare una polemica infinita su questioni esistenziali, era solo una precisazione, nn mi sembra neanche il focus dell'articolo

#39
Omorzo Cactaceo

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Inoltre se te ne allontani e ne senti la mancanza direi che non ti tranquillizzano sul lungo periodo, anzi..


Ma come non mi tranquillizzano? Sono le frustrazioni delle attività quotidiane a portarmi a non essere tranquillo nei periodi in cui non le "valvole" di sfogo sono chiuse (videogiochi, sport, figa, suonare uno strumento o fare quello che ti pare, a ognuno il suo..) per cause di forza maggiore.

#40
Mrskellington

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Ma come non mi tranquillizzano? Sono le frustrazioni delle attività quotidiane a portarmi a non essere tranquillo nei periodi in cui non le "valvole" di sfogo sono chiuse (videogiochi, sport, figa, suonare uno strumento o fare quello che ti pare, a ognuno il suo..) per cause di forza maggiore.

Non contestavo il fatto che ti tranquillizzano, era quel "sul lungo periodo" che mi sembrava incoerente. Cioè se davvero ti tranquillizzassero sul lungo periodo non ne avresti sempre bisogno, no? E poi come dicevo il punto è capire se è proprio la catarsi che è in gioco o altro, perché certo che distrarsi, dedicarsi a un hobby o fare sesso hanno effetti positivi, ma nn c'entra più di tanto l'effetto catartico, era solo su questo che volevo concentrarmi

#41
Omorzo Cactaceo

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Non contestavo il fatto che ti tranquillizzano, era quel "sul lungo periodo" che mi sembrava incoerente. Cioè se davvero ti tranquillizzassero sul lungo periodo non ne avresti sempre bisogno, no?


Scusa, probabilmente quella parte di frase "anche sul lungo periodo" genera confusione, la frase poteva anche terminare prima.
Con "lungo periodo" intendevo dire che non mi creano assuefazione: se in alcuni periodi ho la fortuna di poter giocare ogni sera per settimane consecutive, la capacità di tranquillizzarmi che hanno non cambia

#42
Mrskellington

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Scusa, probabilmente quella parte di frase "anche sul lungo periodo" genera confusione, la frase poteva anche terminare prima.
Con "lungo periodo" intendevo dire che non mi creano assuefazione: se in alcuni periodi ho la fortuna di poter giocare ogni sera per settimane consecutive, la capacità di tranquillizzarmi che hanno non cambia

Ah sì avevo capito male, certo allora ci sta




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