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Disjointed Stagione 1 Recensione: tanto fumo, niente arrosto

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#1
Robin Scherbatsky

Robin Scherbatsky
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Disjointed Stagione 1 Recensione: tanto fumo, niente arrosto
La prima collaborazione tra Netflix e Chuck Lorre spreca tutte le occasioni offerte dalla sua tematica per regalarci una sitcom fin troppo convenzionale.
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#2
Carmine

Carmine
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Ho visto la prima puntata, a parte qualche (scontata) battuta del ragazzo che parla con le piantine, non mi ha entusiasmato più di tanto.

#3
Mugico

Mugico
  • Little Eye Fan

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Anche io sono rimasto poco convinto da questa serie. Devo dire, però, che ho iniziato a guardarla senza sapere nulla al riguardo. Mi ha colpito la presenza di Chuck Lorre e Kathy Bates, ma ho creduto che lo scopo fosse quello di coprire una sorta di buco nel palinsesto Netflix: avere una sit-com senza troppe pretese di propria produzione (non so se ce ne sono già a dire il vero).
Non so, mi ero fatto l'idea che si volesse un prodotto da rivendere e che potesse piacere ai più. Quindi battute facili e tanti cliché, anche contemporanei, ed un approccio leggero. Era da un po' che non vedevo nuove serie multi-camera (mi sembra si dica così) e quindi pensavo fossero passate di moda, anche per questo mi ero interessato.

In effetti manca in Disjointed la capacità di osare di più, se non in quei momenti in cui si lascia andare: mi riferisco, ad esempio, ai trip di Carter, l'ex soldato affetto da disturbo post traumatico da stress. Ho trovato carino, poi, il modo anche un po' pacchiano in cui hanno cercato di "brandizzare" ogni cosa a tema marijuana. Mentre sono spiazzanti le finte pubblicità. Non so, è come se suggerissero la domanda: “vogliamo veramente vivere in un mondo così?” Anche se è una sensazione che sento emergere in generale, come a dire: guardate quanto sarebbe ridicolo se anche la marijuana passasse nel tritacarne del capitalismo americano. Tuttavia, va detto, uno dei temi sembra essere proprio quello della bontà dell'uso terapeutico delle droghe leggere e in questo caso, però, mi chiedo dove siano i malati veri (escluso Carver).


Soprattutto non si ride mai di gusto, anche se forse è difficile trattare certi temi senza scadere. Magari per rendere veramente comica questa serie servirebbe una figura che sia realmente in contraddizione con gli altri. Non so se mi spiego. Quei personaggi che possono definirsi tali sono Carver prima della cura, l'insegnante di arti marziali e il capo della DIA. Purtroppo i primi due sono stati in qualche modo neutralizzati. Ah, anche la madre di Jenny è un personaggio che funzionerebbe come vettore comico secondo me, ma sembra essere stata messa da parte.
E' un po' come se si fosse deciso di trasfigurare il personaggio “scomodo” nella marijuana stessa.

Insomma, sì, condivido il punto di vista dell'autore dell'articolo, anche perché non avevo proprio osservato la cosa in questo modo. La serie si lascia guardare, sebbene - ripeto - siano più le volte in cui si sorride piuttosto che ridere. Forse l'aspetto più coraggioso di tutta l'operazione è proprio il fatto che tratta un tema spinoso come quello del consumo di droghe leggere attraverso un formato da sempre molto conservativo e rassicurante come è quello delle sit-com. Allo stato dell'arte si può dire che è un prodotto trascurabile. Nella speranza che si trasformi in qualcosa di più valido, piuttosto che in un buco nell'acqua.

p.s. non sono mai stato un fan di Chuck Lorre (nemmeno The Big Bang Theory mi ha mai preso più di tanto), ma da ragazzino guardavo con piacere Dharma & Greg





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