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L'ultimo Film Visto (Casa/Home Video)attenzione agli spoiler!


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#16516
Merlo

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Ancora non si sa. La casa di distribuzione ha parlato genericamente di una futura uscita in Blu-ray e in streaming, ma per ora si stanno focalizzando sulla programmazione al cinema, per quanto limitata.

Peccato ho letto che è un filmone

#16517
Gabriele.

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Peccato ho letto che è un filmone

Stesso dispiacere mio, lo stavo cercando insistentemente ma dalle mie parti non si trova. Toccherà aspettare un po'

#16518
Feral

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Fast & Furious 9, mamma mia che pena, a mani basse il peggior film della saga...

 

fino ad ora me li ero fatti piacere bene o male tutti, ovviamente in termini di un paio d'ore da cazzeggio sul divano, nulla di impegnativo...ma questo è proprio brutto, a livello di trama pessimo a dir poco, per non parlare delle scene d'azione che superano di gran lunga le leggi della fisica, già negli ultimi film avevano esagerato abbastanza, ma qui è proprio una roba inverosimile

 

poi senza Statham e soprattutto The Rock viene meno anche il lato carismatico della pellicola, Cena non regge minimamente il confronto

 

concordo su tutto, a parte il discorso sulla fisica che già aveva abbondantemente svaccato :D



#16519
Feral

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Visto The Tender Bar su Amazon Prime, di George Clooney, con Ben Affleck.
Più di due ore piacevoli, film discreto con nessun picco qualitativo ma godibile.


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puoi togliere la firma da tapatalk? grazie 



#16520
Pinco LaBomba

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Tutta la filmografia di Paolo Sorrentino

Sarebbe facile fare una retrospettiva del suo cinema a partire dell'ormai celebre dialogo tra Fabietto e Antonio Capuano nel suo ultimo film, È Stata la Mano di Dio; e visto che voglio facilitarmi la vita, lo farò.
Ma non da uno scambio di battute nel quale molti ci han visto - e forse anch'io - una sorta di visione riflessiva sul suo operato immediatamente precedente - da This Must Be the Place e La Grande Bellezza a Loro. Certo, la frase del suo mentore immediatamente vicino - più di un Fellini o un Antonioni - "sul e strunz vann a stu Rom" può e deve far riflettere sul processo artistico sorrentiniano. Ma per l'analisi dei suoi film partirei da uno scambio di battute precedente: "la realtà è scadente".
Il Fellini sorrentiniano afferma, nelle parole del fratello di Fabietto, che il cinema non serve a nulla, solo a divertirsi.
Partendo da qui, partendo dalla sua ricerca di evasione dalla realtà, ritroviamo il tema della finzione esplicitato in svariate sue pellicole: la stessa ultima battuta del film che gli ha fatto vincere l'Oscar è "è solo un trucco".
In Youth troviamo la senilità, il vuoto, dopo una vita dedicata, da parte dei due protagonisti - un regista e un compositore - a creare finzioni per sopravvivere.
L'ultima pellicola, con un autobiografismo onirico - secondo molti ci si allontana dall'onirico dei suoi ultimi film per tornare al realismo dei precedenti, ma in realtà è proprio l'autobiografismo che impone, stilisticamente, l'innesto di elementi onirici per restituire la realtà delle sue finzioni mentali (Lo Specchio di Tarkovskij insegna: il punto di vista soggettivo è sempre offuscato, la realtà è parziale, deformata dalle proprie credenze e dalla memoria) - ci consente di rileggere le esigenze dei primi tre film e capire il percorso autoriale - dettato anche e soprattutto da elementi esterni, da un certo momento in poi.
L'Uomo in Più imbastisce un soggetto invitante: due omonimi, un calciatore e un cantante, seguono una vita parallela che vive di soli fugaci momenti di incontro. Le passioni del regista sono evidenti: il calcio, la musica - un discorso sulla musica nei suoi film sarebbe interessante da fare.
Dall'atomo, dal piccolo, dall'individuale; per poi parlare di tematiche più ampie, di grande respiro. Sorrentino nella sua prima pellicola - interessante l'intervista in cui racconta che voleva fare due film diversi ma visto che aveva paura che non gli avrebbero fatto fare il secondo, unisce i due soggetti - inizia a scavare nel tunnel della sua poetica. Un esordio importante, stilisticamente promettente, narrativamente, come detto, invitante. E il senso, di nuovo, il fuggire dalla monotonia di una realtà scadente per ritirarsi nelle finzioni create. Il bisogno incessante, da parte del cantante, di ritornare sulle scene. Il bisogno vivificante, da parte dell'ex calciatore, di allenare e di ritornare in campo.
Il dittico Le Conseguenze dell'Amore e L'Amico di Famiglia rappresenta, almeno fino alla sua ultima pellicola, la vetta artistica del regista.
Il primo, con un titolo quasi provocatorio, alla luce delle vicende narrate, racconta di una delle diramazioni di un tema grande, importante, immenso da trattare; come la criminalità organizzata. Assumono, le pellicole di Sorrentino fino alla consacrazione internazionale del 2013, un'aria peculiare: la realtà è deludente, dunque trattiamo di alcune delle pagine più eclatanti di questa realtà. La criminalità organizzata, il nazismo (This Must Be the Place), ma trattati non dall'interno, o in maniera diretta. L'intento di Sorrentino è quello di tratteggiare personaggi sfaccettati, rifiniti come un vestito da un sarto esperto; e inserirli all'interno di contesti infinitamente più grandi e totalizzanti. L'importanza non è però quella grandezza incombente, ma il tratteggio dei singoli avvenimenti. La seconda pellicola si concentra con prepotenza sulle piccole gioie di una vita monotona - forzata -; che per anni rifugge da distrazioni ma che incappa, inevitabilmente, in una distrazione dalla quale era impossibile scansarsi. È forse proprio da Le Conseguenze dell'Amore che notiamo l'attenzione quasi morbosa di Sorrentino verso il corpo femminile. Non sempre, c'è da dirlo, riuscirà ad ottenere un risultato erotico - in molti suoi film l'eccesso crea l'effetto opposto -; ma l'inquadratura che scorge da dietro una porta socchiusa ha, e avrà sempre la sua potenza carnale.
L'Amico di Famiglia risulta essere forse il film in cui riesce a tratteggiare il suo protagonista più disturbante. Il contesto, come sempre, è piccolo. Siamo in provincia e i massimi sistemi sono lontani. I discorsi sul nulla e sul tutto ancora un miraggio. Ma è questa la potenza. Lo squallore di una mano venosa e pelosa sul seno candido di una ragazza nel fiore dei suoi anni. L'ossessione per il sesso femminile che, se non corrotto, mai avrebbe prestato attenzione al protagonista. La sua terza pellicola è una discesa in quella realtà scadente. La realtà scadente disprezzata è, qui, smembrata per una vivisezione. Non a caso, sotto il profilo squisitamente narrativo, L'Amico di Famiglia sembra essere scarno ma nasconde, nella potenza delle immagini e della scrittura dei singoli personaggi, la vitalità grottesca di una realtà circoscritta. È, nell'ottica della sua intera filmografia, l'ancoraggio cinico a ciò da cui si voleva distaccare facendo "il cinema", come dice Fabietto. Ma trattandolo, gli restituisce dignità artistica. Il finale, non a caso, ha un sapore prettamente filmico.
Inevitabili sono i parallelismi da fare tra Il Divo e Loro. Da un lato il tratteggio della vita prettamente politica e pubblica del politico italiano più influente del secondo '900, Giulio Andreotti - con libertà artistiche che esulano da fatti giudiziari accertati, come la sua presunta iniziazione a Cosa Nostra e il suo incontro con Riina; messi in scena, che giovano all'atmosfera quasi surrealista della pellicola. Dall'altro il tratteggio "privato" della personalità berlusconiana, che si rivela, in realtà, un tratteggio direttamente derivante da ritratti giornalistici - non che non sia vero. Qui siamo lontani da La Caduta, per entrambe le pellicole, sia chiaro; ma in quella del 2008 troviamo una sana passione per il concetto del potere. Il personaggio aiuta, certo, e le battute sembrano cucite sull'immagine di Andreotti, più che su Andreotti stesso - come era ovvio che fosse -; ma assistiamo ad un film "ritratto". Certo, con pennellate non attese, ma che restituiscono alla pellicola quella dose di surrealismo che, da qui, prenderà piede in Sorrentino.
Il discorso sulla pellicola su Berlusconi verrà ripreso; ma prima, su This Must Be the Place occorre sostare per far notare l'assonanza con Le Conseguenze dell'Amore per la dinamica "situazione circoscritta-tema totalizzante" e per la tematica del ritrovamento di se stessi. Nella seconda pellicola il finale ci restituisce un protagonista rivitalizzato, nella quinta un protagonista sostanzialmente rinato. Si parla di rapporto con la genitorialità, del sentirsi diversi. Il protagonista, interpretato da Sean Penn, lo si potrebbe leggere come un eterno sognatore che ha vissuto tutta la sua vita nella finzione della sua carriera - è un ex rock star. La passione di Sorrentino per la new wave, per il punk e per il rock decadente esplode. La pellicola soffre di determinate forzature di scrittura, non è perfetta, ma la tematica del viaggio per ritrovare sé stessi è messa in scena con la solita perizia.
Il dittico La Grande Bellezza e Youth meriterebbe fior fior di righe che, in realtà, si soffermerebbero su tutt'altro rispetto alle pellicole.
Focalizzandosi su di esse, però, risulta limpido il passaggio definitivo al ribaltamento di scrittura. Non si parla più di periferie: ci si sente autori con la A maiuscola. Si parla del nulla, del tutto, di massimi sistemi, dell'arte, della totalità della vita, dello squallore, della bellezza.
Ci riesce? Citando Jep Gambardella, "a tratti". Forse sarà l'eccessiva derivatività - ne La Grande Bellezza ricorre, tra le altre, anche Malick, in un certo uso della macchina da presa e di alcune tematiche care al regista de La Rabbia Giovane-; forse sarà la pomposità, l'attenzione morbosa alla perfezione stilistica. Ma, forse, ciò che maggiormente rende queste pellicole non pienamente riuscite è la loro lapalissianità. Nel cinema non è solo importante il non visto - i fuori campo sono fondamentali, e nel suo ultimo film ne fa largo uso -, ma anche il non detto.
Con un cucchiaino, Sorrentino imbocca gli spettatori, con i discorsi dei suoi personaggi, di tutti i temi di cui voleva trattare. È il deficit della verbosità. Il passaggio definitivo alla finzione è arrivato: Sorrentino è vittima delle sue visioni, dei suoi tentativi di evasione. Non mi permetto di dire "film più o meno personali". Non sono e non sarò mai nella mente del regista. Forse queste due pellicole provengono sul serio da necessità espressive impellenti, necessarie. Ma cosa aveva da dire Sorrentino? Capuano, nella scena che citavo all'inizio del messaggio, glielo chiede urlandoglielo. Sorrentino voleva parlare della vuotezza della mondanità? Dello squallore e della vacuità della vita? Rappresentare l'abito sporco dell'esistenza? Per altro con derivazioni lampanti, quasi sbattute in faccia.
Loro, con animo "diviano" è figlio del recente passaggio tematico sorrentiniano. Il racconto della vuotezza della mondanità, dell'apparenza, è traslato sul singolo individuo, questa volta con derive scorsesiane. Quest'ascesa tortuosa per arrivare a "Lui", che non è nient'altro che il "Lui" immaginato da tutti, niente di più.
Alla domanda di Capuano, Fabietto risponde "non me li hanno fatti vedere!".
Non spiegherò la frase, sarebbe uno spoiler per chi non ha visto il film.
Il film in questione, È Stata la Mano di Dio è forse, finalmente, ciò che Paolo, e non Sorrentino, avrebbe voluto dire.

Stilisticamente e tecnicamente cosa vuoi dirgli? È sin dalla prima pellicola che delizia la vista con piani sequenza e inquadrature memorabili. Alla conferenza a Venezia, pochi mesi fa, ha affermato che mentre girava il suo ultimo film, riguardando una scena appena fatta, era rimasto "deluso".
Ciò che voleva dire era che stilisticamente, la sua ultima pellicola non sarebbe stata curata e rifinita come invece lo sono state quelle immediatamente precedenti. Ciò che contava, sostanzialmente, era il "succo"; non la forma.
Inconsciamente, forse, restituisce le motivazioni della potenza depotenziata delle inquadrature perfette de La Grande Bellezza e di Youth. Il discorso, in questo senso, sarebbe lungo.
Un ricordo sulla scelta delle musiche: dal classico all'elettronica, dalla new wave al pop contemporaneo. Le ho trovate sempre perfettamente implementate.

#16521
Divodark

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Nessun problema. Come mai, se posso chiedere?

#16522
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Nessun problema. Come mai, se posso chiedere?


perché non interessa a nessuno con che dispositivo e piattaforma hai postato, tantomeno ripeterlo ad ogni messaggio

#16523
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