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Istruzione e lavoroot da reddito


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Questa discussione ha avuto 23 risposte

#16
COMITANO

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La questione delle ''scienze delle merendine'' esulava un po' da tutto ciò.
 
Personalmente, ritengo che l'opinione diffusa - almeno oggi come oggi - non si concentri tanto sull'idea che ''le materie letterarie sono superiori a quelle tecnico-scientifiche'': sono piuttosto i licei in sé (quindi quelle scuole in cui è la teoria a farla da padrona) ad essere considerati scuole di rango A rispetto ai tecnico-industriali, scuole di rango B.
 
Tant'è che, alle medie, i più bravi vengono indirizzati verso i licei (classico e scientifico in primis) e i più somari verso gli istituti tecnico-industriali. O almeno, così era dalle mia parti (Puglia).
 
Questo è ovviamente un retaggio del passato in cui l'élite intellettuale e politica proveniva dal liceo (classico, in particolare, ma non soltanto) e il frequentalo aveva importanti risvolti sociali (per l'individuo e per la famiglia) - anche perché spesso era legato a un effettivo miglioramento delle condizioni socio-economiche (ma oggi non è più così).
 
Gli anatemi che ogni due per tre vengono fatti al liceo classico sono spesso fuori luogo fuorvianti: quello che bisognerebbe fare imho è - da una parte - valorizzare al massimo i tecnico-scientifici (pareggiandoli sotto tutti i punti di vista ai licei - dalla qualità dell'insegnamento alle strutture) e dall'altro incentivare in generale gli studi universitari (abbiamo ancora fra i più bassi tassi di laureati rispetto alla pop. tot. fra i paesi sviluppati, se non erro), oltre che proporre una serie riforma dei programmi scolastici e l'alternanza scuola-lavoro almeno per gli ultimi tre anni di scuola.
 
Parallelamente, sia chiaro, bisognerebbe intervenire anche sul mondo del lavoro, altrimenti si forma personale per le aziende estere...


Madonna Faber-Castell sposami - giá lo avevo detto in un altro topic ma ci tengo a ribadirlo. Esattamente quello che intendevo (ma espresso meglio e ampliato).

Anche la mia percezione è sempre stata che alle medie i piú bravi venissero indirizzati verso il liceo, gli altri poverini andavano al tecnico.

Onestamente sul prestigio dei corsi di laurea invece non mi esprimo. Non so quali siano percepiti come 'i piú prestigiosi', ma di certo so quali sono percepiti come carta straccia (Dams, scienze della comunicazione, scienze dello spettacolo...).

Onestamente sia nel caso delle superiori sia delle università - posto che sia garantita la stessa serietá per tutte - dovrebbero avere lo stesso valore per l'opinione pubblica, ma temo sia un'utopia.

#17
COMITANO

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Questo discorso sui licei vs istituto tecnici è verissimo, anche da me (basso Piemonte) ho sempre avuto la stessa percezione sociale.
Quelli ricchi di famiglia o che andavano bene a scuola se non andavano al classico o allo scientifico erano accompagnati dal chiacchiericcio delle mamme casalinghe.


Verissimo anche in Lombardia (Milano) per quanto riguarda la mia esperienza.

#18
Andṛn

Andṛn
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Il problema dei tecnici era, ai miei tempi, che erano pieni di somari, quindi il livello era bassissimo. Praticamente sarei stato in classe con la metá pluribocciata delle mie medie, e in un ambiente tipo la curva dello stadio, per non parlare poi dei professionali... Non tutti i tecnici eh, diciamo che il tecnico commerciale era la prima alternativa al liceo, solo che una volta bastava per entrare i banca (anni 70-80) ma giá ai miei aveva perso la sua utilitá.

Ovvio che i "migliori"  (ok, alle medie da me ci voleva poco...) cerchino scuole di un livello piú alto, e infatti al liceo scientifico mi trovai benissimo, come amicizie, ambiente etc...

Parlando di materie, bisogna farsene una ragione,  Latino, greco, filosofia e letteratura possono sembrare materie inutili ai piú dal punto di vista di bagaglio professionale, ma formano la mente e la cultura delle persone: negli ultimi anni non sono certo le conoscenze tecniche che mancano alla nostra societá, ma un certo grado di cultura... Non per questo dico che non ci sia bisogno della matematica, della fisica etc.., anzi.

 

Per quanto riguarda la "Scienza delle Merendine", io sono uno di quei laureati fortunati... E' carta straccia? sí, ma né piú né meno di altre, se non complementi la formazione universitaria con altre cose non puoi sperare di lavorare mandando curriculum, perché senza esperienza non ti prenderanno mai in considerazione... e poi ovviamente ci vuole fortuna. Se entriamo nel merito delle materie per lo meno alla Sapienza erano interessanti e spesso non facili, spaziavano molto: diritto, informatica, letteratura, sociologia, antropologia... Mi é piaciuta molto, e in piú se non l'avessi avuta adesso non lavorerei.


Modificata da Andṛn, 08 November 2018 - 10:39 AM.


#19
eike

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Vedo che non hai capito e sinceramente noto che con frasi del tipo "scusa per la franchezza o per l'indelicatezzata" si tende andare sullo sboccato.

Comunque il punto era: "non credo che all'universià si mettano sul piedistallo le scienze umanistiche, ma (secondo me) avviene l'esatto contrario".

Ho motivato tutto con "scienze delle merendine", un termine pseudo dispregiativo utilizzato per classificare qualunque corso di laurea nato da scienze umanistiche o comunque rientrante in quella sfera.
Non vuol dire che io avvalli questa idea, come non avallo l'idea degli ingegneri son tutti palloni gonfiati, i matematici vanno sotto i ponti e altre cavolate di questo tipo.
Anche peché, come ho già detto, la qualità e il livello di formazione di un corso di laura (e la scuola a cui appartiene) dipende tantissimo da università a universià.


Al resto del messaggio non rispondo, perché non centra niente con quello che ho detto.

 
Guarda che basta rileggere quello che hai scritto:
 
«Non a caso c'è si chiamano "scienze delle merendine" tutto quello che fa a capo ad umanistica»
 
È italiano, hai affermato che tutto quello che fa capo ad umanistica (ripeto, tutto) è considerato "scienze delle merendine".
Cosa assolutamente non vera e scorretta; "scienze delle merendine" non è neanche "pseudo dispregiativo", quel termine è dispregiativo ed era rivolto a specifiche facoltà. Non a tutto quello che fa capo ad umanistica (visto che molte di quelle da me elencate, tra l'altro, non hanno mai avuto e mai avranno la pretesa di essere considerate "scienze" in senso stretto).
Ora hai scritto ed espresso un concetto totalmente diverso, quindi no, non ero io che "non ho capito", ma tu che hai scritto una frase scorretta ed è lì da leggere, non è che me la sono inventata.

 


Lungi da me entrare nel merito della questione discussa (stra e stra-discussa...), preciso che si apostrofano con ''scienze delle merendine'' quei corsi di laurea aperti negli ultimi due decenni come ''scienze della pace'', ''scienze della comunicazioni'' e così via. Questi corsi in realtà tentano di proporre percorsi formativi legati ad ambiti molto specifici (infatti, sono spesso dei corsi magistrali) e che coniugano diversi saperi. Al di fuori di quei contesti per cui sono stati creati (ad es. per formare operatori interculturali, funzionari diplomatici, giornalisti, ecc.) sono sì carta straccia (nel senso che non sono spendibili quasi o nulla nel tradizionale mercato privato del lavoro), ma non per questo le discipline in essi insegnati - es. storia, sociologia, studi internazionali, pedagogia ecc. - hanno un qualche ''deficienza'' scientifico-accademica. 
 
Quindi ''scienze delle merendine'' non riguarda né le singole discipline, né tanto meno va considerato un sinonimo di scienze umane, filosofiche e sociali - che hanno un loro metodo, i loro ambiti di studi e una loro dignità scientifica riconosciuta.
 
Esatto, figuriamoci far rientrare nella classificazione dispregiativa di scienze delle merendine "tutto quello che fa capo ad umanistica" :asd:


#20
Zann

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Da me invece l'istituto tecnico industriale era il più difficile di tutti. Dove il primo anno era strapieno e già dopo 6 mesi 1/3 delle persone erano scomparse. Da 29 in terza a 19 alunni in quinta. Alcune classi erano da 5.

Da me era tutto sulla matematica: analisi, costruzioni, chimica, tecnologia, topografia, geometria per quello che mi ricordo. Se non eri ferrato andavi a casa subito.

Scuole più difficili qui erano appunto ITI Buonarroti e Liceo Classico Prati. Da quanto so ora hanno cambiato indirizzi e quindi professori, magari si è addolcito.

 

Chi invece faceva Liceo artistico era considerato un nulla-facente visto che finivano tutti lì e con calcio nel sedere alla maturità.



#21
Genocide

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Per gli istituti e le scuole, a prescindere dall'indirizzo, converrebbe comunque fare una distinzione ulteriore tra scuole pubbliche, private o paritarie.

 

le private, molto spesso (se non sempre) sono diplomifici dove paghi per il diploma, puoi fare 5 anni in uno ecc.

 

nelle paritarie e le pubbliche, tendenzialmente, non funziona così

 

poi subentrano le eccezioni e le distinzioni tra scuola a scuola

 

 

la gente, non conoscendo queste distinzioni, spesso confonde private con paritarie


Modificata da Genocide, 08 November 2018 - 11:55 AM.


#22
Kevin Butler

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In merito agli ex ITIS e IPSIA considerati come covo per delinquenti la colpa è degli insegnanti. Alle medie ero vivace e un po' fancazzista quindi sono arrivato alla fine della terza media con il minimo sindacale. Nella valutazione finale la commissione d'esame ha scritto:"Con un maggiore impegno potrebbe frequentare un istituto professionale", decretando praticamente il mio fallimento come persona dai tredici anni in avanti. Stando al loro giudizio visto che mi applicavo poco non ero intelligente quindi al massimo potevo fare l'operaio (e risparmiatemi la retorica dell'operaio non intelligente - all'epoca funzionava così - non ho detto che gli operai non sono intelligenti).

I bravi alunni dovevano andare al liceo e i meno bravi a fare i delinquenti ai professionali con tutti i vari gradi di giudizio compresi nel mezzo. Non c'era minimamente la volontà di capire cosa piacesse ad un bambino, come valorizzarlo o come invogliarlo allo studio. Sei così e basta. Questo malato metodo di giudizio ha fatto si che le famiglie puntassero a far andare i figli al liceo (per affermazione personale e familiare - mio figlio non è un fallito che va all'ITIS - ) a prescindere dalle proprie doti/aspettative e per anni c'è stato un esodo dagli istituti tecnici e professionali che ne ha causato il declino fino allo stato attuale. Non è colpa di fantomatici programmi o dei continui cambi politici, è un retaggio culturale italiano ed un bieco modo di intendere l'istruzione perpetuato fino alla fine degli anni '90 dai docenti. Siamo pieni di lauree poco spendibili nel mondo del lavoro principalmente per questo motivo, per l'incapacità degli insegnanti di interpretare il mondo del lavoro, forse addirittura per l'ignoranza totale dell'argomento mondo del lavoro di certi insegnanti "posto fisso".

 

Nel contempo mi permetto di spezzare una lancia in favore di quelle stesse lauree che definisco "poco spendibili" perché non trovano applicazione diretta nell'industria. Uno dei tanti imperdibili articoli realizzati dal Sole 24 ore in merito alle lauree umanistiche faceva emergere come la problematica non sia poi così banale. In effetti questi laureati trovano collocazione essenziale all'interno delle aziende perché in molti casi ad essi vengono affidati settori meno collegati alla produzione e più alla ricerca di mercato, alla comunicazione, alla gestione delle informazioni o la comunicazione con l'esterno delle stesse. Non hanno una funzione vera e propria di produzione ma il loro ruolo è altrettanto essenziale perché si concentrano sul capire il cliente, comunicare con lo stesso e soprattutto trasferire queste necessità alla produzione in modo da anticipare i futuri prodotti. Mica poco eh...

Questo mi ha fatto pensare ad una delle mie più care amiche, laureata in scienza delle comunicazioni (spesso citata da Sebastiano Barisoni come facoltà sforna nulla facenti... :asd: ) ed ora direttrice del settore europeo di una griffe di moda a livello mondiale... 

Il vero problema qual è? 

Le aziende italiane sono piccole ed hanno pochi capitali... Sono PMI che impiegano pochi dipendenti perché non ne possono pagare di più e di conseguenza non hanno risorse e dimensioni tali da potersi permettere uno studio del prodotto che richieda l'assunzione di figure come i laureati in materie umanistiche. Ancora una volta torniamo quindi all'argomento iniziale: aziende piccole con pochi capitali non assumono se non tecnici - Docenti che ignorano queste nozioni e consigliano malamente studenti ad affrontare percorsi universitari con sbocchi lavorativi reali, ma non nel nostro paese - Studenti poco avveduti che non si informano adeguatamente (o si affidano troppo a quanto gli viene consigliato) e si buttano sullo studio di materie non tecniche (magari perchè queste ultime presentano una tipologia di impegno "differente" rispetto alla materia umanistica)

 

My two cents



#23
skizzo_85

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Vi dirò di più sul discorso licei vs professionali:
nella mia città l'itis fa anche lo "scientifico tecnologico", ma da anni, senza latino, fisica chimica e informatica sui 5 anni, 36 ore settimanali e non ricordo le altre differenze.
Io sono andato in quell'itis e ho fatto perito informatico, mia sorella che era molto brava a scuola voleva andare a fare il tecnologico.
Ricordo lo stracciarsi di vesti di prof e altri in quanto il tale corso era nelle mura dell'itis...

:asd:

#24
birdack81

birdack81
  • L'intelligenza totale è una costante. La popolazione aumenta

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Il discorso italiani ricercati all'estero e' appena un po' piu' complesso di come lo fate apparire.






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