Approccio sempre con cautela le produzioni originali Netflix, perché spesso, in realtà il più delle volte, si tratta di serie e film non proprio memorabili. Invece gli ho voluto dare una chance per via di quel Flanaghan regista che già avevo apprezzato nella trasposione de Il gioco di Gerald.
E ho fatto bene.
Serie incredile. Mi ha colpito sin da subito l'evidente volontà di entrare nella psicologia dei protagonisti, di voler analizzare, mai in modo morboso o sopra le righe, le dinamiche di una famiglia e di come un singolo evento, un lutto universale, sia capace di creare crepe e intersezioni che arrivano a minarne le fondamenta e la solidità.
Inizialmente mi ha lasciato alcune perplessità il fatto che non mi abbia suscitato tensione o ansia - ma a dir la verità, pochi horror riescono a farlo - e solo dopo ho capito che in realtà il regista, come anche notato dal recensore, non mirava a quello. Non mirava a generare emozioni estreme, per il gusto di assecondare qualche virtuosismo o la "pornografia" del dolore a tutti i costi: leggere la notizia sul "finale alternativo" (per così dire) ha confermato questa sensazione.
Ora non posso far altro che riguardarmela in lingua originale e andare alla ricerca dei vari
fantasmi nascosti.
PS: ah, uniche due pecche, che mi hanno infastidito come un quadro storto in una fila di quadri perfettamente allineati, son le lenti a contatto del padre da giovane - che a volte gli conferivano un'espressione che manco Marty "Aigor" Feldman (quelle di Steve da piccolo erano perfette, per dire) - e la somiglianza tra Victoria Pedretti e Liv Tyler e Theodora adulta con la Jolie... insomma, sembravano versioni budget delle originali.