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Difficoltà a trovare lavoro dopo l'universitàDi chi è la colpa?


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Questa discussione ha avuto 171 risposte

#16
Itachi

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Un mio vecchio amico che vive a Toronto ha detto che i suoi colleghi, personale di base di una pizzeria (pizzaioli,camerieri ecc) sono tutti avvocati,ingegneri anche abbastanza skillati che si erano rotti di fare la vita da fame in Italia.

#17
gabblo

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Tanto per tirare un pò su il morale a chi studia posso dirvi che tutti i laureati che conosco ( ho superato i 30 anni ) adesso lavorano ed hanno di che mantenersi da soli e metter su famiglia, qualcuno naturalmente si è spostato dalla sua città natale ma nel complesso nessuno si lamenta.

 

Parlo di facoltà quali : ingegneria ( informatica e meccanica ) dove la possibilità di trovar lavoro è stata rapida e ben ripagata, medicina e giurisprudenza, quest'ultima da minori garanzie ma alla lunga e con pazienza ti ripaga.



#18
Hecks

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e quelli so ingegneri, che qui in italia vengono considerati un gradino sopra di noi. Per noi è molto peggio :asd:

Vengono considerati un gradino(?) sopra architetti e simili perché nei loro settori c'è più richiesta. Un po' come andare al Career Day del Politecnico di Milano "la fiera del lavoro per studenti e laureati del Politecnico di Milano" (  :sese: ) e scoprire che per certi indirizzi di studio non c'è assolutamente nulla. E a quel punto realizzi che forse hai sbagliato qualcosa...

 

Senza dimenticare le Università che snocciolano le percentuali occupazionali dei loro laureati sorvolando su certi piccoli dettagli.


Modificata da Hecks, 04 June 2017 - 08:53 AM.


#19
Escher

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É comunque una situazione di (Censura) in cui la.colpa alla fine ricade sui professionisti, ma non parte da loro

#20
COMITANO

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Partirò da un bias di successo, ma per me è sempre questione di capacità personali.

Quando si sceglie un certo tipo di percorso, è più importante avere capacità imprenditoriali che saper effettivamente fare quello che vorresti fare.

 

Io sviluppo software, non sono laureato (ho lasciato il PoliMI dopo un anno, sotto consiglio del professore di informatica proprio per avviare l'attività), e supero tranquillamente le 6 cifre all'anno da ormai 7 anni (ora ho 27 anni, casa, 2 bambini). Il motivo per cui i miei amici di uni, ora laureati, faticano ad arrivare a 25k l'anno, è che non sanno vendersi.
Non sono in grado di far arrivare fondi, che è la cosa più importante. Generare leads, trovare clienti, garantire budget.

 

Per assurdo, se sai far quello, non hai bisogno di saper fare nient'altro. Se so generare 200.000€ di progetti l'anno (relativamente poco nel mercato mobile, per esempio), posso pure pagare uno o due dei miei amici laureati un 3000€ lordi al mese a testa (cifra generosa in Italia) e fare comunque 128.000€. 

Ma vale per tutto, per ogni settore. Quando ci si infila in un contesto del genere (dal medico, all'architetto, all'ingegnere informatico, passando per avvocati, fisioterapisti e via dicendo), devi partire SAPENDO che la tua capacità di trovare clienti è più importante di quella che ti permette di soddisfarne i bisogni. Che non vuol dire che come medico puoi far cagare, più sei bravo, più clienti avrai di conseguenza, più business genererai. Ma che essere un ottimo programmatore non porta necessariamente il pane a casa. Essere bravissimo a trovare progetti e clienti, sì. Unisci le due cose, e fai tutto da solo, senza spese.

 

Se poi l'unico obbiettivo durante il percorso di laurea, era farsi assumere da qualcun altro, vuol dire partire già limitati nel potenziale e nella scelta.

Il problema maggiore, che ho visto tra le mie conoscenze, è il discorso dei 'binari'. Finché c'è il percorso scritto, vai a scuola, studia, dai l'esame, laureati, son tranquilli e bravissimi.

Quando si ritrovano senza più binari sotto i piedi, perché ai curriculum con zero esperienza oggi non risponde nessuno, non sono in grado di lavorare autonomamente su soluzioni alternative.

Senza considerare quelli che fanno un percorso di laurea, senza studiare TUTTO IL GIORNO l'inglese...e non parlo di emigrare. Ci sono un mare di lavori remote al giorno d'oggi, ma se non sai l'inglese, dalle risorse ai clienti, ti limiti esclusivamente all'Italia, stai abbastanza fresco.

 

Capisco quello che dici e in gran parte condivido, però quello che dici si applica solo in alcuni campi.

Se mi dici che bisogna sapersi vendere e costruirsi delle abilità al di fuori dei binari della scuola ti dò ragione, però alla fine l'aspirante avvocato farà sempre la fame per come gira la sua nicchia di mercato al momento.

 

Vengono considerati un gradino(?) sopra architetti e simili perché nei loro settori c'è più richiesta. Un po' come andare al Career Day del Politecnico di Milano "la fiera del lavoro per studenti e laureati del Politecnico di Milano" (  :sese: ) e scoprire che per certi indirizzi di studio non c'è assolutamente nulla. E a quel punto realizzi che forse hai sbagliato qualcosa...

 

Senza dimenticare le Università che snocciolano le percentuali occupazionali dei loro laureati sorvolando su certi piccoli dettagli.

 

Questo è verissimo. Quasi tutti gli indirizzi dicono che dopo 5 anni il 90% dei laureati lavora, però non dicono minimamente in quale campo :sese:

 

no ma non era un accanimento sui laureati in se, ma sul fatto che in Italia se esci dall'università(poi dipende quale) non hai molte speranze e quindi non si può sperare di ottenere qualcosa.

questo è un mio pensiero basato su esperienze con persone incontrate, ripeto in dieci anni da commesso ne ho incontrati svariati di laureati costretti al lavoro che non hanno studiato e per di più sfruttati peggio di quelli (tipo me) non laureati.

 

Io ho lavorato per qualche anno in un call center e la cosa che faceva più paura era il numero di laureati che c'erano tra i miei colleghi.

Si trattava di laureati in materie in cui bene o male si sa che c'è meno richiesta (design, filosofia, psicologia...), però erano comunque un numero enorme.



#21
H4ch1k0

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Capisco quello che dici e in gran parte condivido, però quello che dici si applica solo in alcuni campi.

Se mi dici che bisogna sapersi vendere e costruirsi delle abilità al di fuori dei binari della scuola ti dò ragione, però alla fine l'aspirante avvocato farà sempre la fame per come gira la sua nicchia di mercato al momento.

 

 

Ad oggi, con la globalizzazione, la capacità di saper operare in giurisdizioni diverse, o specializzarsi nella protezione di proprietà intellettuali, garantisce lavoro costante in un mercato in crescita.
Nuovamente, si tratta sempre di sapersi vendere, e di capire quali sono i settori con maggior esposizione/crescita.

 

Dico semplicemente che se si decide di perdere altri 3-5 anni a studiare, che almeno lo si faccia con un obbiettivo realistico e preciso in mente.

Vuoi far l'avvocato? Comprendi prima quali sono i settori nella tua professione dove vi è bisogno, e dove vi è lavoro. Capisci poi che dovrai affinare capacità che vanno al di là di quelle prettamente legate alla tua professione (imprenditoriali). Comprendi che ad oggi, devi sapere l'inglese così come sai l'italiano.

 

E quando finisci i tuoi 3-5 anni aggiuntivi di studi, trovi lavoro e fai carriera.



#22
Escher

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Sembra di sentire briatore quando dice che con 1500 non si può vivere

 

Il tuo discorso è tanto giusto sulla carta quanto nebuloso nella realtà. Ci sono semplicemente lavori in cui non è possibile quello che dici tu



#23
H4ch1k0

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Sembra di sentire briatore quando dice che con 1500 non si può vivere

 

Il tuo discorso è tanto giusto sulla carta quanto nebuloso nella realtà. Ci sono semplicemente lavori in cui non è possibile quello che dici tu

 

 

Eh, dimmene uno. Ma anche ci fosse, perché specializzarvisi? Se sai che è in calo, e che non hai modo di farlo fruttare, ha senso decidere di starvi per 4-5 anni?

Nessuno dice che è facile. Dico solo che quando ci sono cambiamenti nel mondo del lavoro, bisogna seguirli.

Se ad oggi un divorzista si ritrova contro centinaia di avvocati più preparati, forse è il caso di specializzarsi in settori dove la competizione è minore, e vi è una maggiore domanda.

 

Che è quello che ho fatto io. Quando ho iniziato, lo sviluppo sul web era saturo, competitor dall'india/cina e compagnia che lavorano per 10$ l'ora o meno uccidevano anche le possibilità di lavorare per piccoli privati, e quel poco che si faceva per me non valeva la candela.

Ho deciso di specializzarmi nel mobile, quando era relativamente nuovo, e son 7 anni che non ho problema alcuno, lavoro per Fortune 500 e startup in tutto il mondo, e mi son tolto parecchie soddisfazioni.

Ad oggi anche il settore mobile, che nel frattempo è diventato obbiettivo dei più, sta calando, e mi sto muovendo in altre direzioni.
Ora, se decidevo di non cambiare settore, rimanere nel web, potevo lamentarmi che non trovavo lavoro? Che le aziende mi sfruttavano per due spicci?

 

Possiamo portare pure l'esempio dei medici. La medicina è un settore in cui lo Stato mette becco. I prezzi, gli stipendi, sono in larga parte controllati dallo Stato. Se aspiri a diventare medico, e ne fai un discorso economico anziché etico, ovviamente cercherai di specializzarti in settori non controllati dallo Stato. Chirurgia estetica, laser agli occhi, denti e affini (questo un po' meno ultimamente). Oppure punti a diventare un esperto del tuo settore medico, e passare il tempo a fare convegni finanziati. 

 

Architetto? In Italia o lavori per aziende private, o per opere pubbliche. Lavori dal piccolo privato rasentano lo zero. Quindi o ti trasferisci, o ti specializzi in un certo tipo di opere più richiesto, o in un certo stile più richiesto. 

Se esci da scuola e non sei diverso dalle altre decine di laureati, è difficile poi lamentarsi, tutto qui.

 

Bisogna essere preparati, capire che devi poter offrire qualcosa di diverso dal tuo compagno di classe. Sia questa soddisfare una specifica nicchia, o essere in grado di generare business.



#24
Kevin Butler

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Il discorso è sensato. Purtroppo raramente a 14-18 anni si ha la freddezza mentale di affrontare il mondo del lavoro con la dovuta serietà e le scuole da questo punto di vista fanno solo dei gran danni. Chi si spende nelle scuole per spiegare ad un allievo che il proprio titolo di studio deve anche essere il proprio lavoro? Chi consiglia, indirizza, stimola gli studenti? Magari sono uscito da scuola io da tanto ma le ultime esperienze che ho avuto erano da cercarsi in sessantottini che alle superiori ti dicevano:"Vai all'università e fai quello che ti piace di più, non importa che ti porti ad un posto di lavoro, l'importante è che ti piaccia". 

Anche questa è programmazione, manca un piano studio che non preveda esclusivamente di elargire lauree ma anche di formare professionisti da inserire nei settori che li richiedono così come manca un piano aziende per sviluppare i settori atrofizzati del lavoro anche tramite il miglioramento dell'istruzione dei futuri impiegati



#25
Escher

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SI ma il discorso è giusto e sensato, ma nessuno ha la mentalità di pensarci a 18 anni. Ma anche così, nessuno poi ha i mezzi per attuare i propri progetti. Come architetto posso pure offrire qualcosa di unico ma senza uno studio dietro che me invento? E per aprire uno studio non hai bisogno di due spicci

 

Insomma va bene aggiornarsi e offrire sempre qualcosa di unico, ma sarebbe anche carino se i giovani professionisti di sto paese venissero considerati come una risorsa piuttosto che come un peso da smaltire. Perchè fa ridere come si investa tanto nella formazione e poi amen, la gente se ne va e sono gli altri paesi a giovarne. E questo a prescindere dalle capacità personali e dalla voglia di innovazione del singolo, parliamo di categorie professionali con migliaia di iscritti dentro.



#26
H4ch1k0

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Il discorso è sensato. Purtroppo raramente a 14-18 anni si ha la freddezza mentale di affrontare il mondo del lavoro con la dovuta serietà e le scuole da questo punto di vista fanno solo dei gran danni. Chi si spende nelle scuole per spiegare ad un allievo che il proprio titolo di studio deve anche essere il proprio lavoro? Chi consiglia, indirizza, stimola gli studenti? Magari sono uscito da scuola io da tanto ma le ultime esperienze che ho avuto erano da cercarsi in sessantottini che alle superiori ti dicevano:"Vai all'università e fai quello che ti piace di più, non importa che ti porti ad un posto di lavoro, l'importante è che ti piaccia". 

Anche questa è programmazione, manca un piano studio che non preveda esclusivamente di elargire lauree ma anche di formare professionisti da inserire nei settori che li richiedono così come manca un piano aziende per sviluppare i settori atrofizzati del lavoro anche tramite il miglioramento dell'istruzione dei futuri impiegati

 

 

Ma su questo sono pienamente d'accordo. Io stesso sono cresciuto in case popolari, genitori con la terza media, le superiori fatte in un professionale perché da parte degli 'adulti' che mi dirigevano non c'era comprensione della differenza tra un liceo, un tecnico, od un professionale, ed io a 14 anni, men che meno.

Ci sono arrivato da solo, con molta fatica, e l'attività che svolgo sarebbe cresciuta in maniera completamente diversa e con una velocità differente se avessi avuto alle spalle un ambiente diverso.

Sono il primo a pensare che le scuole dovrebbero focalizzarsi ANCHE nel far comprendere a pieno elementi di base della società odierna, come le leggi della domanda e dell'offerta nel mondo del lavoro, argomenti che nel mio caso erano appena accennati.

 

Questo però non vuol dire che chi non trova lavoro dopo essersi laureato, possa incolpare la società e sedersi. Dopo la laurea, presuppongo che uno sia abbastanza preparato da capire che, se non ha trovato niente, dovrà impiegare i prossimi anni a specializzarsi in settori più competenti. Che parti in ritardo e svantaggiato, siamo tutti d'accordo. Che questo voglia dire non poter far nulla, è un altro discorso.

 

 

SI ma il discorso è giusto e sensato, ma nessuno ha la mentalità di pensarci a 18 anni. Ma anche così, nessuno poi ha i mezzi per attuare i propri progetti. Come architetto posso pure offrire qualcosa di unico ma senza uno studio dietro che me invento? E per aprire uno studio non hai bisogno di due spicci

 

Insomma va bene aggiornarsi e offrire sempre qualcosa di unico, ma sarebbe anche carino se i giovani professionisti di sto paese venissero considerati come una risorsa piuttosto che come un peso da smaltire. Perchè fa ridere come si investa tanto nella formazione e poi amen, la gente se ne va e sono gli altri paesi a giovarne. E questo a prescindere dalle capacità personali e dalla voglia di innovazione del singolo, parliamo di categorie professionali con migliaia di iscritti dentro.

 

 

Non devi necessariamente aprire uno studio. Hai provato a lavorare freelance su progetti minori per costruirti un portfolio nella direzione che desideri? Se io ad oggi volessi assumerti come architetto, cos'hai da mostrarmi? Hai un sito web, una landing page, un portfolio online? Parli e comprendi perfettamente l'inglese? Ci sono parti della tua professione che puoi svolgere tranquillamente da remoto e nelle quali puoi competere rispetto ad altre realtà a livello di prezzi?

E' chiaro che i primi lavori su commissione verranno da persone che preferiscono il risparmio alla qualità, altrimenti non assumerebbero te, ma uno studio con tutti i crismi. Ma da qualche parte, per dare una direzione alla tua immagine, devi partire. Una volta che hai un portfolio come si deve, hai dimostrato di poter generare profitto e via dicendo, prepari un bel business plan dettagliato e richiedi un prestito per avviare l'attività. Un piccolo studio fuori Milano lo tiri su con 300€ al mese di affitto. e un 2000€ lordi per un assistente (se vuoi essere onesto, altrimenti fai come fanno gli altri studi che citi, e con 2000€ lordi ti prendi 4 persone), che van più che bene per iniziare. Rimaniamo che devi essere in grado di generare business, non semplicemente 'fare l'architetto'.

 

Altrimenti, ti trasferisci in paesi dove quello che vuoi fare è maggiormente valorizzato. Il discorso dell'investire nella formazione ha senso solo per chi prende i soldi di tali investimenti, non si può pretendere che poi qualsiasi professione possa cadere in piedi. Sei tu che decidi dove e come formarti, dove e come valorizzarti, dove e come proseguire. Se scegli una professione che ad oggi, nel tuo paese, è in drastico calo, lo fai sapendo che ti dovrai trasferire, lo fai sapendo che ti dovrai reinventare.

 

E ribadisco, NESSUNO dice che è facile. E' difficile. Se vuoi rientrare nel 20-10-5% della popolazione a livello reddituale, dovrai fare 4, 10, 20 volte più degli altri a livello di sbatti e fatica.

Ma pretendere che si possa avere i binari sotto i piedi per tutta la vita è assurdo (e per binari intendo prima la scuola, poi il lavoro appena uscito da fare a testa bassa fino alla pensione). 

Il discorso giusto ma la situazione 'nebulosa' è proprio quella mancanza di binari. Ti devi far strada tra la nebbia, ed è lì che si decide tutto. L'andare a scuola e studiare è la parte più facile, non puoi aspettarti ricompense.


Modificata da H4ch1k0, 04 June 2017 - 03:08 PM.


#27
Escher

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Non devi necessariamente aprire uno studio. Hai provato a lavorare freelance su progetti minori per costruirti un portfolio nella direzione che desideri? Se io ad oggi volessi assumerti come architetto, cos'hai da mostrarmi? Hai un sito web, una landing page, un portfolio online? Parli e comprendi perfettamente l'inglese? Ci sono parti della tua professione che puoi svolgere tranquillamente da remoto e nelle quali puoi competere rispetto ad altre realtà a livello di prezzi?

 

guarda, ti rispondo: si a tutto quello che dici

 

ma come me altre centinaia di architetti, perchè grazie a dio l'università che ho fatto ti preparava bene in tutti questi settori. E studiare non è stata una perdita di tempo.

 

il problema è che non basta. Ci stanno settori nuovi e floridi ma è proprio la mentalità italiana a tagliarti le ali



#28
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guarda, ti rispondo: si a tutto quello che dici

 

ma come me altre centinaia di architetti, perchè grazie a dio l'università che ho fatto ti preparava bene in tutti questi settori. E studiare non è stata una perdita di tempo.

 

il problema è che non basta. Ci stanno settori nuovi e floridi ma è proprio la mentalità italiana a tagliarti le ali

 

 

E allora via dall'Italia. O ti reinventi in qualche modo. 

Fermo restando che se hai fatto tutto quello e non riesci ad avviare una carriera freelance che ti permette di fare esperienza guadagnando dignitosamente, con l'ammontare di lavori nel tuo settore provenienti da ogni parte del mondo, vi è qualche problema.

Se invece ti lamenti che negli studi esistenti non ti pagano abbastanza o ti sfruttano, è la realtà italiana degli ultimi 5 anni, in quasi tutti i settori.



#29
Kevin Butler

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Ma su questo sono pienamente d'accordo. Io stesso sono cresciuto in case popolari, genitori con la terza media, le superiori fatte in un professionale perché da parte degli 'adulti' che mi dirigevano non c'era comprensione della differenza tra un liceo, un tecnico, od un professionale, ed io a 14 anni, men che meno.

Ci sono arrivato da solo, con molta fatica, e l'attività che svolgo sarebbe cresciuta in maniera completamente diversa e con una velocità differente se avessi avuto alle spalle un ambiente diverso.

Sono il primo a pensare che le scuole dovrebbero focalizzarsi ANCHE nel far comprendere a pieno elementi di base della società odierna, come le leggi della domanda e dell'offerta nel mondo del lavoro, argomenti che nel mio caso erano appena accennati.

 

Questo però non vuol dire che chi non trova lavoro dopo essersi laureato, possa incolpare la società e sedersi. Dopo la laurea, presuppongo che uno sia abbastanza preparato da capire che, se non ha trovato niente, dovrà impiegare i prossimi anni a specializzarsi in settori più competenti. Che parti in ritardo e svantaggiato, siamo tutti d'accordo. Che questo voglia dire non poter far nulla, è un altro discorso.

 

 

Assolutamente d'accordo, in primis sul fatto che se non si trova lavoro da laureati bisogna frignare e sedersi. Le scuole hanno denigrato talmente tanto ciò che non è "la laurea" da far si che un laureato che non fa fruttare la propria laurea preferisca attendere piuttosto che metterla da parte e fare qualcos'altro. E con altro intendo come si diceva anche qualche pagina addietro anche i lavori manuali.

 

Quando ho iniziato io a lavorare la famiglia mi voleva inserito in una realtà lavorativa da lì alla pensione; ogni volta che cambiavo lavoro lo vedevano come un fallimento. Adesso il cambio di azienda è una normalità sia per me che per la maggior parte dei lavoratori al mondo e trovare un'azienda in cui impegnarsi per decenni è quasi un miraggio (complice anche la deindustrializzazione in Italia). Se deve essere così per un posto di lavoro può essere così anche per il campo di competenza imho. E' sicuramente più stressante rispetto al timbrare il cartellino o il ripetere la lezione imparata ma tant'è... piuttosto che stare a far nulla...

 

Però aggiungo una cosa sulla specializzazione perchè la sperimento ogni giorno sulla mia pelle - lo studio dopo la laurea secondo me è un vero dramma in Italia ed è un altro punto su cui bisogna lavorare. Corsi e seminari tecnici in Italia mancano completamente o quasi e per coloro che vogliono ricollocarsi o crescere è un vero inferno. Personalmente sono anni che tento di intraprendere di nuovo la carriera universitaria ma a un lavoratore tale opportunità è praticamente preclusa. Corsi di aggiornamento? Richiedono spostamenti in altre città, cosa che un lavoratore (ma anche un disoccupato) raramente si può permettere - l'online è una barzelletta...



#30
Akumasama

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La colpa è dei musulmani e degli uomo-sessuali






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