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Sottotono, ma sempre godibile la nuova avventura di Capitan Jack SparrowPirati dei Caraibi è senza dubbio uno dei franchise più importanti e remunerativi tra quelli Disney.Nato prendendo ispirazione dall'omonima attrazione presente a Disneyland e traslato in cinema di genere grazie ad un'operazione funzionale e lungimirante, ha creato un vero fenomeno di costume e ci ha fatto ritrovare i suoi eroi in fumetti, videogiochi, action figure e quant'altro, dando una scossa alle carriere dei suoi interpreti e garantendo alla casa del Topo introiti principeschi.Dopo il clamoroso (e in parte inaspettato) successo del bellissimo primo film, le avventure di Jack Sparrow hanno avuto un seguito, richiesto a gran voce dai fan, ma anche dai produttori, con due sequel non altrettanto riusciti (in particolare il terzo) tuttosommato godibili. Lasciar scemare il marchio dopo la fine del primo ciclo di avventure sarebbe stato un vero spreco: dopotutto, le potenzialità del prodotto sono sempre notevoli, tutto sta nel saperle sfruttare cercando sempre nuovi mari da solcare e nuovi territori da scoprire, in cerca di un ricco bottino fatto di storie avvincenti e personaggi affascinanti. Ma da dove ripartire, dopo il mezzo passo falso di un terzo capitolo a tratti ridondante e confusionario, indice del calo d'ispirazione subito dagli sceneggiatori storici della serie? Il trucco potrebbe essere di Marvelliana memoria: un fresh start col quale tutto cambia, pur rimanendo lo stesso. Un turning point che 'aggiusta la rotta' rimanendo in continuity con le puntate precedenti ma al contempo slegato, e che permetta di narrare nuove storie sia per gli appassionati storici che per chi scopre ora per la prima volta gli spericolati bucanieri caraibici.Due i nomi chiave che hanno reso possibile, nelle idee della produzione Disney/Bruckheimeriana, tutto questo: Tim Powers e Rob Marshall.
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