The Box - RECENSIONE (Cinema)
Un bottone da premere, un milione da vincere, qualcuno da uccidereNel 2001 (anche se la consacrazione giunse solo nel 2004, grazie al passaparola dei fan) un giovane cineasta della Virginia diede alla luce uno dei film culto del nuovo millennio. Sono passati ben otto anni, ma il mito di
Donnie Darko è ancora attuale, grazie anche a un, non memorabile, seguito uscito recentemente. Quel regista si chiamava
Richard Kelly e il suo nome entrò prepotentemente nel mondo cinefilo, tra le promesse del nuovo cinema americano. La sua seconda opera
Southland tales, forse troppo ambiziosa e legata a un progetto ben più ampio che comprendeva anche una serie di albi a fumetti, gettò sconcerto nel mondo della critica che arrivò a definirlo tra i film più brutti e incomprensibili di sempre, e incassò pochissimo sia al cinema che sul mercato home video. Che forse la farfalla sia ritornata bruco, e che un ennesimo talento si sia bruciato dopo uno sfolgorante esordio? Per la sua terza pellicola,
The box, Kelly ha deciso di ispirarsi a un racconto di
Richard Matheson,
Button, button, già trasposto in un episodio della serie tv
The twilight zone (
Ai confini della realtà) del 1986. Le storie di Matheson, che è stato uno dei più grandi scrittori di fantascienza e non del secolo scorso, hanno già visto diverse produzioni cinematografiche, di cui forse la migliore tutt'oggi rimane
1975: Occhi bianchi sul pianeta terra prima versione su celluloide del classico
Io sono leggenda. Sarà bastata una fonte d'eccezione a garantire la resurrezione di Kelly?
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