Mi aiutate a dare un'interpretazione a questa storiella di Gianni Rodari?
La stavo leggendo ieri sera a mia moglie e per quanto mi sforzassi non sono riuscito a coglierne il messaggio
Il libro si chiama "favole al telefono"
Questa storia non è ancora accaduta, ma accadrà sicuramente domani. Ecco cosa dice.
Domani una brava, vecchia maestra condusse i suoi scolari, in fila per due, a visitare il Mueseo del Tempo Che Fu, dove sono raccolte le cose di una volta che non servono più, come la corona del re, lo strascico della regina, il tram di Monza, eccetera.
In una vetrinetta un po polverosa cera la parola Piangere.
Gli scolaretti di Domani lessero il cartellino, ma non capivano.
Signora, che vuol dire?
È un gioiello antico?
Apparteneva forse agli Etruschi?
La maestra spiegò che una volta quella parola era molto usata, e faceva male. Mostrò una fialetta in cui erano conservate delle lacrime: chissà, forse le aveva versate uno schiavo battuto dal suo padrone, forse un bambino che non aveva casa.
Sembra acqua disse uno degli scolari.
Ma scottava e brucciava disse la maestra
Forse la facevano bollire prima di adoperarla?
Gli scolaretti propio non capivano, anzi cominciavano già ad annoiarsi. Allora la buona maestra li accompagnò a visitare altri reparti del Mueseo dove cerano da vedere cose più facili come: Linferriata di una prigione, un cane da guardia, il tram di Monza, eccetera, tutta roba che nel felice paese di Domani non esisteva più.
Beh credo che sia più semplice di quanto si pensi, ovviamente con diverse sfumature.
Nel museo del domani ci son cose che esistevano solo nel passato ma che poi son state superate, nella sua visione sembrerebbe in meglio.
In un mondo utopico non esisteranno più prigioni, cani "da guardia" perchè non c'è più nulla da proteggere, corone di re in quanto ci si è finalmente liberati della monarchia ecc...
Al di la della veloce associazione dei suoi scritti ai suoi ideali politici (si, si iscrisse al PCI nel '44 quindi l'inutilità del cane da guardia potrebbe "palesare" un desiderio nascosto di eliminazione del concetto di proprietà privata; tanto caro ai "comunisti" ma in realtà già a Rousseau); l'elemento su cui occorre soffermarsi è secondo me la risposta emotiva e razionale dei bambini.
Vi sono degli oggetti per il concetto di prigionia o di monarchia mentre per la vetrina del piangere vi è la parola stessa; che ovviamente non restituisce il "sentimento" della tristezza.
Ogni parola è "vuota", priva di significato se è senza immediato riferimento e in questo caso, in un mondo privo di un sentimento, i bambini non possono capirlo.
Per capire il concetto di gioia occorre necessariamente il concetto di tristezza; così come il concetto di buio non esisterebbe senza il concetto di luce.
Se esistesse solo la luce, non la chiameremmo così, con quei determinati connotati; perchè la luce è definibile anche come "assenza di buio".
È interessante quindi qui come Rodari faccia emergere l'impossibilità da parte dei bambini di rapportarsi ad una cosa che non hanno mai fatto. È un limite - tecnicamente - gnoseologico.
La problematica che però emerge potrebbe essere questa: il piangere lo si fa anche in momenti felici, dunque se esistesse un mondo solo felice (nel quale però la felicità non verrebbe chiamata "felicità", in quanto la felicità si delinea a partire dal suo opposto: la felicità sarebbe lo stato di "normalità". Un po' come l'esser coscienti: noi non possiamo figurarci l'esser incoscienti semplicemente perchè non è possibile da esperire in quanto ogni cosa esperibile è per natura nella coscienza) come potrebbe non esserci il pianto, che è una manifestazione fisica che si attiva in momenti sia felici che tristi?
Una risposta da esterno potrebbe essere: Rodari scriveva per i bambini quindi l'atto pedagogico principe è semplificare (e non banalizzare); il che risolverebbe la "leggerezza" dell'utilizzo del termine piangere che comunque, in qualsiasi caso, in un bambino è associato a momenti tristi quindi più che giustificato.